Giù le mani dalle foibe. Enzo Collotti

Giù le mani dalle foibe

Enzo Collotti

da il Manifesto del 11.1.07 p. 1

I fatti ci hanno dato ragione. I timori che avevamo espresso fin da quando fu istituito il giorno del ricordo si sono puntualmente avverati. Anche dalle più alte cariche dello Stato si è sentito il dovere di enfatizzare una retorica che non contribuisce ad alcuna lettura critica del nostro passato, l’unica che possa servire ad elevare il nostro senso civile, ma che alimenta ulteriormente il vittimismo nazionale. Per questo vogliamo ribadire quanto scrivevamo già due anni fa con la prima Giornata del Ricordo per onorare le vittime delle foibe. Continua a leggere

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FOIBE: TRA STORIA E PROPAGANDA. Claudia Cernigoi

Dal 2005 si celebra, il 10 febbraio, il “Giorno del Ricordo in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale”. Tale ricorrenza, fortemente voluta da una lobby trasversale che va dalla destra più estrema fino ad alcuni settori di sinistra, si è evoluta, negli anni, non come una giornata di riflessione ed ampliamento della conoscenza di determinati eventi storici, ma è diventata un momento di riscrittura della storia, di diffusione di dati che non corrispondono a quanto effettivamente avvenuto al “confine orientale” e conseguente criminalizzazione del movimento partigiano, sia jugoslavo che italiano.

Dato che negli ultimi anni un gruppo di ricercatori storici, che potremmo definire “non omologati”, ha cercato di fare chiarezza sulle tante inesattezze, esagerazioni e, diciamolo pure, vere e proprie falsificazioni, rendendo pubblici documenti finora ignorati dalla storiografia “ufficiale”, abbiamo assistito ad un grottesco capovolgimento di quella che dovrebbe essere l’evoluzione della ricerca storica: queste persone, che per avere cercato, trovato ed analizzato quanti più documenti possibile per poter fare un’analisi seria e critica degli avvenimenti storici noti come “questione delle foibe e dell’esodo istriano”, invece di vedere riconosciuto questo loro impegno si trovano invece ad essere accusati di “negazionismo”, motivo per il quale si è tentato e si tenta tuttora di impedire loro di parlare in pubblici convegni.

Nel 2008 si è svolto a Sesto San Giovanni un convegno di studio sulla questione del confine orientale, nel corso del quale si è partiti dalla politica imperialista fascista nei confronti dei Balcani, del tentativo di assimilazione delle comunità etniche slovene e croate dei territori divenuti italiani dopo la Prima guerra mondiale, dell’occupazione della Jugoslavia e dei crimini di guerra commessi dall’Esercito italiano, della repressione nazifascista, ed alla fine anche della questione “delle foibe e dell’esodo” 1. In questo articolo vorrei riproporre parte del mio intervento in quella sede, dove cerco di spiegare l’evoluzione del concetto di “negazionismo delle foibe” di cui la sottoscritta ed altri sono accusati.

1 Gli atti del convegno sono stati pubblicati in “Foibe. Revisionismo di Stato ed amnesie della repubblica”, Kappavu 2008.

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Balcani, il volto razzista del fascismo. (Enzo Collotti)

Stralcio dal saggio di Enzo Collotti “Le occupazioni italiane nei Balcani” in “Dall’Impero austro-ungarico alle foibe” (Bollati-Boringhieri, pp. 304, euro 24,00), in libreria dal 12 febbraio. Pubblicato  su Liberazione 31/1/2009, pag.12-13

Se vogliamo cercare di capire cos’è la politica di espansione che il fascismo realizza in direzione della penisola balcanica, dobbiamo tenere conto di una serie di fattori. Il primo è il presupposto storicoculturale del vecchio imperialismo nazionalista che ha nella penisola balcanica uno dei suoi obiettivi principali di espansione. Ricordiamo che la guerra di Libia ha solo come oggetto immediato la Libia: l’obiettivo principale è infliggere un serio colpo all’Impero ottomano e aprire la strada alla penetrazione italiana nei Balcani. Allora si pensava che l’Italia, nella fase del decollo industriale, avesse la capacità di espandersi, di realizzare le proprie ambizioni economiche in quell’area. Questo spiega l’ostilità manifestata, subito dopo la fine della prima guerra mondiale, alla creazione dello Stato degli slavi del sud e l’ambizione a fare dell’Adriatico un mare interno italiano. Un secondo punto da tenere presente, quando si parla di questa problematica, è il rapporto tra la politica interna e la politica estera dell’Italia. Negli anni del fascismo – segnatamente a partire dalla seconda metà degli anni venti, indipendentemente da quello che era successo fino all’apparente chiusura della questione fiumana con i trattati di Nettuno del 1925 – l’Italia opera una costante politica di accerchiamento della Jugoslavia. Da nord attraverso l’aggiogamento alla politica del fascismo di Austria e Ungheria, da sud attraverso il favoreggiamento del terrorismo macedone. Successivamente l’Italia appoggerà il separatismo croato degli ustascia, che saranno ospitati e armati all’interno dello Stato italiano. Infine verrà l’occupazione dell’Albania, nell’aprile del 1939, come testa di ponte per continuare questa operazione di accerchiamento della Jugoslavia. Il terzo punto riguarda la problematica dei rapporti, in relazione all’area danubiano-balcanica, tra l’Italia e la Germania. Questi rapporti hanno visto fasi diverse, hanno avuto momenti di acuta crisi intorno alla questione austriaca, ma al momento dell’Anschluss (1938) l’Italia è già sulla strada della ritirata, non è più in grado di competere con la pressione germanica. Questo problema del rapporto con la Germania accompagna tutta la fase di avvicinamento alla guerra, e in guerra, per quanto riguarda l’Italia, la situazione balcanica attraverserà diverse fasi. Il 28 ottobre 1940 ha inizio l’aggressione, intrapresa con estrema leggerezza, alla Grecia. Il motto era «spezzeremo le reni alla Grecia», ma l’esercito italiano rischiò di essere rigettato in mare in Albania dalla resistenza che gli si oppose. Questa è la prima fase. La seconda fase si apre nell’aprile del 1941, quando l’invasione della Jugoslavia da parte delle forze della Wehrmacht e dell’esercito italiano apre definitivamente la via non solo alla sconfitta della Jugoslavia, ma anche, e soprattutto, della Grecia. In un primo momento la Grecia non riconosce di essere stata battuta dagli italiani e viene fatto ripetere l’armistizio, perché i greci vogliono firmarlo solo con i tedeschi, riconoscendo di essere stati sconfitti soltanto da loro. Questi sono i presupposti della complessa politica di occupazione che l’Italia praticherà in quell’area, distinguendo abbastanza nettamente fra il settore jugoslavo e quello greco. C’è da dire che il problema delle occupazioni balcaniche è, nella storiografia italiana, un argomento abbastanza marginale. Questo per varie ragioni: prima di tutto per una reticenza, credo tuttora inesplicabile, a occuparsi di questi problemi. Secondariamente – ma solo secondariamente – per il ritardo nell’acquisizione di fonti. Continua a leggere

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Foibe: Comprendere per combattere il revisionismo

Iniziamo la pubblicazione di alcuni documenti di approfondimento sulla questione delle foibe. Abbiamo l’intento di creare una migliore comprensione del fenomeno rispetto a quella fornita dai media principali che spesso presta il fianco ad operazioni che celano lo sciovinismo e, a volte anche un becero razzismo, dietro una retorica patriottarda.

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I rapporti italo-sloveni fra il 1880 e il 1956

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27 Gennaio 1945: Il mattino del mondo

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