Balcani, il volto razzista del fascismo. (Enzo Collotti)

Stralcio dal saggio di Enzo Collotti “Le occupazioni italiane nei Balcani” in “Dall’Impero austro-ungarico alle foibe” (Bollati-Boringhieri, pp. 304, euro 24,00), in libreria dal 12 febbraio. Pubblicato  su Liberazione 31/1/2009, pag.12-13

Se vogliamo cercare di capire cos’è la politica di espansione che il fascismo realizza in direzione della penisola balcanica, dobbiamo tenere conto di una serie di fattori. Il primo è il presupposto storicoculturale del vecchio imperialismo nazionalista che ha nella penisola balcanica uno dei suoi obiettivi principali di espansione. Ricordiamo che la guerra di Libia ha solo come oggetto immediato la Libia: l’obiettivo principale è infliggere un serio colpo all’Impero ottomano e aprire la strada alla penetrazione italiana nei Balcani. Allora si pensava che l’Italia, nella fase del decollo industriale, avesse la capacità di espandersi, di realizzare le proprie ambizioni economiche in quell’area. Questo spiega l’ostilità manifestata, subito dopo la fine della prima guerra mondiale, alla creazione dello Stato degli slavi del sud e l’ambizione a fare dell’Adriatico un mare interno italiano. Un secondo punto da tenere presente, quando si parla di questa problematica, è il rapporto tra la politica interna e la politica estera dell’Italia. Negli anni del fascismo – segnatamente a partire dalla seconda metà degli anni venti, indipendentemente da quello che era successo fino all’apparente chiusura della questione fiumana con i trattati di Nettuno del 1925 – l’Italia opera una costante politica di accerchiamento della Jugoslavia. Da nord attraverso l’aggiogamento alla politica del fascismo di Austria e Ungheria, da sud attraverso il favoreggiamento del terrorismo macedone. Successivamente l’Italia appoggerà il separatismo croato degli ustascia, che saranno ospitati e armati all’interno dello Stato italiano. Infine verrà l’occupazione dell’Albania, nell’aprile del 1939, come testa di ponte per continuare questa operazione di accerchiamento della Jugoslavia. Il terzo punto riguarda la problematica dei rapporti, in relazione all’area danubiano-balcanica, tra l’Italia e la Germania. Questi rapporti hanno visto fasi diverse, hanno avuto momenti di acuta crisi intorno alla questione austriaca, ma al momento dell’Anschluss (1938) l’Italia è già sulla strada della ritirata, non è più in grado di competere con la pressione germanica. Questo problema del rapporto con la Germania accompagna tutta la fase di avvicinamento alla guerra, e in guerra, per quanto riguarda l’Italia, la situazione balcanica attraverserà diverse fasi. Il 28 ottobre 1940 ha inizio l’aggressione, intrapresa con estrema leggerezza, alla Grecia. Il motto era «spezzeremo le reni alla Grecia», ma l’esercito italiano rischiò di essere rigettato in mare in Albania dalla resistenza che gli si oppose. Questa è la prima fase. La seconda fase si apre nell’aprile del 1941, quando l’invasione della Jugoslavia da parte delle forze della Wehrmacht e dell’esercito italiano apre definitivamente la via non solo alla sconfitta della Jugoslavia, ma anche, e soprattutto, della Grecia. In un primo momento la Grecia non riconosce di essere stata battuta dagli italiani e viene fatto ripetere l’armistizio, perché i greci vogliono firmarlo solo con i tedeschi, riconoscendo di essere stati sconfitti soltanto da loro. Questi sono i presupposti della complessa politica di occupazione che l’Italia praticherà in quell’area, distinguendo abbastanza nettamente fra il settore jugoslavo e quello greco. C’è da dire che il problema delle occupazioni balcaniche è, nella storiografia italiana, un argomento abbastanza marginale. Questo per varie ragioni: prima di tutto per una reticenza, credo tuttora inesplicabile, a occuparsi di questi problemi. Secondariamente – ma solo secondariamente – per il ritardo nell’acquisizione di fonti. Continua a leggere

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Foibe: Comprendere per combattere il revisionismo

Iniziamo la pubblicazione di alcuni documenti di approfondimento sulla questione delle foibe. Abbiamo l’intento di creare una migliore comprensione del fenomeno rispetto a quella fornita dai media principali che spesso presta il fianco ad operazioni che celano lo sciovinismo e, a volte anche un becero razzismo, dietro una retorica patriottarda.

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I rapporti italo-sloveni fra il 1880 e il 1956

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27 Gennaio 1945: Il mattino del mondo

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CasaPound ha gettato la maschera

Roma, 13 gennaio 2012
Se ce ne fosse ancora bisogno, CasaPound getta definitivamente la maschera. Dopo essersi  ammantata di “cultura” e di “socialità”, in varie occasioni, sia pure senza successo, visto che nessuno ormai è disposto a cadere nella trappola, adesso l’esultanza per la morte del magistrato Saviotti e l’esplicitazione della speranza che a questa morte ed a quella di Bocca ne seguano altre, hanno un significato inequivocabile che va addirittura al di là dei richiami al fascismo ed al peggior populismo, avvicinandosi molto all’istigazione alla violenza.
Vedrà la magistratura se esistono estremi di reato. Per noi, conta l’esecrabile fatto politico,
che denunciamo come un episodio di inaudita ed inaccettabile gravità. Adesso, chi ha tollerato CasaPound, chi le ha concesso locali e sedi e ne ha favorito l’ascesa e lo
sviluppo, ha solo la scelta fra una dissociazione aperta e definitiva oppure l’accettazione
che diventi esplicita e pacifica la connivenza con un gruppo di questo tipo, davvero
incompatibile col nostro sistema costituzionale e civile.
Quanto a coloro che hanno creduto, in buona fede, nella favoletta dell’innocenza,
delle inclinazioni culturali e sociali di CasaPound, è davvero tempo che aprano gli
occhi, si ricredano e prendano atto di una realtà che ora è divenuta addirittura
agghiacciante.

Per il resto, chiediamo con fermezza che la Costituzione venga fatta rispettare dalle
autorità pubbliche e vengano finalmente applicate le leggi che vietano ogni forma di
incitamento all’odio e alla violenza, così come ogni tipo di apologia del fascismo e di ciò
che esso ha tristemente rappresentato.
Raccomandiamo alle nostre organizzazioni di vigilare, rifiutando – peraltro –
qualsiasi tipo di provocazione.

Il Comitato Nazionale ANPI

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La Strage dimenticata. I fatti di Castiglione e Randazzo nel 1943

  • Sala convegni “A. Chiara”, largo S. Rosalia , Piazza Armerina,
    28/Dicembre/2011 ore 16
  • – Introduce il Dott. Salvatore Lo Re – referente Comune Piazza Armerina Progetto “Memorie in cammino” promosso dall’Istituto Cervi;
    – relazione del Dott. Massimo Lo Giudice;
    – intervento di Nicola Musumarra (ANPI Catania).

scarica la locandina

http://www.box.com/s/96esuqigek7esrygfrf0

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