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Roberto Trinelli “Fanfulla” ad Albinea al “67° anniversario operazione tombola… il giorno delle cornamuse”
Pubblicato in Rassegna Stampa
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“Il reintegro è come l’uguaglianza nella Costituzione“: in allegato, l’intervista al Presidente Nazionale ANPI Carlo Smuraglia apparsa su il manifesto di oggi (22 marzo) a p. 4.
22 Marzo 2012
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LA MARCA Giuseppe Pietro – Medaglia d’Oro
Giuseppe Pietro La Marca

foto tratta da marina.difesa.it
Nato a Piazza Armerina (Enna) il 12 luglio 1905, deceduto a Roma il 25 novembre 1989, ingegnere, ufficiale delle Armi Navali, Medaglia d’oro al valor militare.
Laureato in matematica e ingegneria, lavorava presso la Società Generale Elettrica siciliana Giuseppe Pietro La Marca dopo aver effettuato il servizio di leva come sottotenente di complemento delle Armi Navali. Richiamato alle armi, tra il 1935 e il 1936 fu inviato in Africa Orientale e in Libia. Rientrato in Italia nel 1941, decorato di due Croci di guerra, fece parte del Comitato per i progetti delle armi navali. Al momento dell’armistizio, La Marca si trovava a Roma in convalescenza. Entrò subito nella Resistenza e, come ricorda la motivazione della Medaglia d’oro, concessagli nel 1956 dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, “benché colpito da infermità contratta in guerra, sollecitava per sé le imprese più rischiose”. Nella motivazione si ricorda in particolare che nel giugno del 1944 “… affidatogli il compito di portare a salvamento il centro Radio Trasmittente di Santarosa – grandiosa opera militare di notevole importanza scientifica e sede di Supermarina, minata dai tedeschi con ordigni potentissimi che avrebbero distrutto anche l’intera zona abitata- con il rischio continuo della propria vita, con rara perizia tecnica e con costante sprezzo del pericolo, riuscì a sventare ogni insidia, salvando numerose vite umane, ingente materiale bellico, l’intero impianto di incalcolabile valore. Non nell’ardente atmosfera che trascina ed esalta trasse l’impeto per l’epica gesta, ma nell’oscuro dedalo delle gallerie, nei cunicoli colmi di esplosivo, a tu per tu con la morte in agguato. Grande figura di patriota, portò a compimento la leggendaria impresa… “. Dopo la liberazione di Roma, La Marca restò in servizio sino al 1960. Posto in congedo, a domanda, col grado di colonnello, divenne dirigente dell’ENEL. Iscritto nel Ruolo d’onore della Marina, conseguì la promozione ad ammiraglio ispettore capo delle A.N. È stato anche consigliere nazionale del Gruppo M.O.V.M. Il nome di Giuseppe Pietro La Marca è ricordato, a Piazza Armerina, su una targa del monumento ai Caduti in guerra. Continua a leggere
Pubblicato in Memoria, partigiani, uomini e donne
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#Occupy Casa Pound
A più di un anno dalla manifestazione “Enna Città Antifascista” segnaliamo segnaliamo 2 interessanti articoli. Il primo #Occupy Casa Pound tratto dal sito “il lavoro culturale” il secondo un approfondimento tratto dall’ultimo numero di Patria Indipendene, il mensile dell’ANPI, intitolato “Cercando nel mondo di Ezra Pound con smarrimento e voglia di capire“
Pape Diaw è senegalese. A Firenze rappresenta la comunità del suo paese ed è molto conosciuto, sia tra i senegalesi che tra gli italiani. Da tanti anni chiede la chiusura di Casa Pound. Dopo il duplice omicidio di Samb Modou e Diop Mor da parte del nazista Casseri, organico al circolo di Casa Pound Pistoia, Pape ha chiesto la chiusura delle sedi dell’associazione fascista davanti a migliaia di persone in piazza Santa Maria Novella a Firenze. Sullo stesso palco dopo di lui ha parlato Enrico Rossi, presidente della regione Toscana, il quale ha lamentato “eccessiva tolleranza” delle istituzioni verso certe associazioni.
Roberto è un compagno di Bologna. Per lui i fascisti sono stati giudicati dalla storia, inutile e rischioso riproblematizzare la questione. Quelli di Casa Pound sono fascisti – seppur nuovi, del nuovo millennio, ripuliti – quindi gli si deve impedire con ogni mezzo di portare avanti i loro deliri. Senza troppe seghe. Se viene provocato con qualche distinguo distribuisce patenti di antifascismo, ed è molto severo. Come scrisse sul “Manifesto” Valerio Evangelisti “la libertà non può essere anteposta all’antifascismo”.
Piero Sansonetti fa il giornalista e per lui il problema è semplice: Casa Pound dev’essere libera di manifestare le proprie idee perché io non sono d’accordo con quello che dici ma darei la vita…. eccetera. Dice che “Il diritto di manifestare liberamente e pacificamente è una pietra angolare della democrazia: deve essere difeso e garantito sempre, indipendentemente dal giudizio che si dà sui contenuti o sui promotori delle singole manifestazioni”. Come lui ce ne sono altri che andrebbero alle iniziative di Casa Pound con larghi sorrisi, pacche sulle spalle e finte al basso ventre.
Paolo Emilio Taviani partecipò alla resistenza. Anticomunista di ferro, inossidabile fede atlantica, da ministro della Difesa tenne a battesimo Gladio. Da ministro dell’Interno nel 1973 scrisse il decreto che metteva fuori legge il Movimento Politico Ordine Nuovo (il pezzo del Centro studi ordine nuovo che non seguì Rauti nel rientro nell’Msi). Una forzatura Costituzionale, non un atto dovuto ma un “atto politico” come scrisse Taviani stesso nelle sue memorie [1]. Il processo contro Mpon per ricostituzione del partito fascista, messo in piedi dal pubblico ministero Vittorio Occorsio (ammazzato dai Nar tre anni dopo), era ancora all’appello. Nonostante la contrarietà di Rumor, Piga e Moro, Taviani andò dritto e il consiglio dei ministri diede l’approvazione. Ma non bastò un decreto per tamponare il neofascismo. Se possibile servì a radicalizzare ulteriormente centinaia di giovani che, senza più un tetto comune e riconosciuto, entrarono nel mondo del partito armato [2]. All’epoca si respirava un’aria pesante: la strategia della tensione imperversava, decine di appartenenti a gruppi di estrema destra comparivano nelle carte dei magistrati in episodi di stragismo. E non era solo questo: c’erano anche i rapporti di certi neofascisti con certi apparati dello Stato, con pezzi di criminalità comune e mafiosa, con logge coperte. Insomma, il neofascismo degli anni ’70 faceva paura.
Gianluca Iannone muove i primi passi in politica nell’Msi. Fonda un gruppo musicale, gli Zetazeoalfa, e nel 2003 un centro sociale, Casa Pound. Coordina decine di occupazioni a scopo abitativo e al suo centro sociale sono collegati pub, palestre, librerie, radio. Nel 2006 fonda anche un collettivo studentesco che si sparpaglia con modesti risultati su tutta la penisola e lo chiama Blocco Studentesco. Secondo Iannone Casa Pound non è estrema destra, sfugge dalle categorizzazioni e la definisce “un’associazione di promozione sociale che si articola sullo sport, la cultura, l’interessa della polis e sulla solidarietà” [3]. Nel frattempo dentro i manifesti e le iniziative del centro sociale, oltre a temi, simboli e persone care alla destra, troverete Peppino Impastato, Jrr Tolkien, Rino Gaetano, Che Guevara, Bobby Sands e varie simbologie del movimento operaio e della sinistra rivoluzionaria nell’operazione che Wu Ming definisce “mélange confusionista”.
A questo punto possiamo fare molte cose: ne estremizzo due. Possiamo chiedere al ministro dell’Interno o ad un magistrato di chiudere Casa Pound sperando che basti questo a disperdere nel nulla quello che Casa Pound rappresenta. Possiamo invocare la legge Scelba, uno dei ministri dell’Interno più repressivi che la Repubblica ricordi. Oppure prendere la cosa sul serio e rispondere politicamente e culturalmente, colpo su colpo. Fare un dossier sulle loro attività, un libro bianco, un’inchiesta. Lavorare sul disvelamento del loro retroterra e portarlo alla luce, riprendere e risemantizzare (mettendo in luce le varie “passate di mano”) storie, libri, persone e simboli. Cominciare – o ricominciare – a lavorare su questioni come il diritto alla casa e gli spazi di socialità, temi enormi sui quali CPI investe tempo e risorse e raccoglie proseliti. Rimettere l’antifascismo nell’agenda di tutti. Cittadini, partiti, associazioni, collettivi. Concretamente. Riportarlo nelle scuole e farlo vivere ogni giorno uscendo dalla retorica della memoria una volta all’anno. Riprenderci gli spazi, i temi e i tempi che ci siamo lasciati sottrarre. In due parole #Occupy CasaPound. Contemporaneamente è necessario tenere la guardia alta rispetto al “circolo ermeneutico dell’esclusione”: dalla naturalezza con la quale anche esponenti politici con ruoli di governo si espongono in malcelati attacchi a persone per la loro etnia o per la religione che professano, a certe campagne politiche di partiti moderati che hanno come priorità “attenzionare”, per usare un linguaggio ministeriale, i lavavetri, o asfaltare i campi rom. Il fascismo e il razzismo che diventa ambiente e che accettiamo ogni giorno.
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“Cercando nel mondo di Ezra Pound con smarrimento e voglia di capire“
http://www.anpi.it/media/uploads/patria/2012/19-23_TUSSI.pdf
Pubblicato in Attualità, Segnalazioni
Contrassegnato CasaPound, neofascismo
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Funerali di Stato per Placido Rizzotto, fare chiarezza sui buchi neri della nostra Democrazia
L’ANPI ENNA aderisce all’appello al presidente Napolitano lanciato dal coordinamento regionale ANPI per la celebrazione dei funerali di stato per Placido Rizzotto, partigiano e sindacalista, ucciso dalla mafia degli agrari e dei reazionari, che non si sono mai fatti scrupolo di ricorrere alle armi per fermare il riscatto del popolo siciliano come a Portella della Ginestra.
Inoltre ribadiamo con tutta la nostra forza anche l’esigenza di riaprire le indagini sull’omicidio di Rizzotto, essendo tale vicenda, ancora priva di colpevoli, uno dei tanti buchi neri della nostra Democrazia su cui occorre fare luce pienamente.
APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
DOPO 64 ANNI TROVATI I RESTI DEL PARTIGIANO
PLACIDO RIZZOTT0. L’ANPI SICILIA CHIEDE
IN SUO ONORE FUNERALI DI STATO
LA MAFIA DI CORLEONE AVEVA DECISO CHE DI PLATIDO RIZZOTTO
PARTIGIANO E SEGRETARIO DELLA CAMERA DEL LAVORO DI CORLEONE,
NON DOVEVA RESTARE NESSUNA TRACCIA E IL 10 MARZO DEL 1948 DOPO
AVERLO TERRIBILMENTE SEVIZIATO, BUTTARONO IL SUO CORPO IN UNA
FOIBA DI ROCCA BRUSAMBRA A POCHI CHILOMETRI DAL PAESE.
PLACIDO RIZZOTTO TORNATO A CORLEONE DALLA LOTTA PARTIGIANA,
SI MISE SUBITO ALLA TESTA DEI CONTADINI IMPEGNATI PER IL
RISPETTO DEI DECRETI EMANATI DAL PRIMO GOVERNO DI UNITA’
NAZIONALE CHE PREVEDEVANO L’ASSEGNAZIONE DELLE TERRE
INCOLTE MAL CONTIVATE E PIU’ UMANI PATTI DI LAVORO.
ANDAVANO AD OCCUPARE I FEUDI, CON LE ZAPPE LE BANDIERE DI
VARI COLORI E TANTI CARTELLI CON LA SCRITTA “ LA TERRA A CHI LA
LAVORA”
A CORLEONE LA MAFIA AGRARIA E LA PEGGIORE BORGHESIA POLITICA
E REAZIONARIA, ANNI PRIMA, AVEVA GIA’ UCCISO ALTRI DIRIGENTI
SOCIALISTI, TRA ESSI VERRO E BLOCCATO IL GRANDE MOVIMENTO DEI
FASCI SICILIANI.
ORA, A DISTANZA DI BEN 64 ANNI AL NOSTRO MARTIRE EROE DELLA
LIBERTA’ E DEL LAVORO, AL NOSTRO PARTIGIANO SINDACALISTA, VA
RESTITUITA QUELLA TOMBA FIN’ORA NEGATA E LA CELEBRAZIONE DI
FUNERALI DI STATO IN TUTTO IN SUO SIGNIFICATO E VALORE.
OTTAVIO TERRANOVA
Coordinatore ANPI Sicilia
L’ANPI Nazionale: funerali di Stato per Placido Rizzotto, ma anche una seria operazione di verità Continua a leggere
Pubblicato in Rassegna Stampa
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