Di anni 52, maestro elementare, coniugato con Marcella Chiorri nel 1923, ebbe una sola figlia, Concettina. Socialista, fu tra i rappresentanti dell’antifascismo milanese per tutto il Ventennio e fu fucilato in Piazzale Loreto a Milano il 10 agosto 1944. Nato a Piazza Armerina (Enna) il 29 aprile 1892, vi frequentò le scuole fino al conseguimento del diploma. Già sul finire del 1911 Salvatore fu coinvolto, ma assolto, in un processo per aver animato una protesta popolare contro il monopolio di una locale impresa di trasporti, terminata con l’incendio di alcune carrozze. Due anni dopo lasciò la Sicilia per Milano, spinto dal desiderio di incontrare i massimi rappresentanti del movimento ispirato da Filippo Turati e da Anna Kuliscioff.
Incominciò ad insegnare a Vimercate al privato collegio Tommaseo, poi alle scuole comunali, ma fu presto chiamato alle armi. Combatté come semplice soldato e poi caporale sul Carso. Nel maggio 1917, durante la battaglia del monte Vodice, una delle ultime e risolutive offensive sull’Isonzo, l’aver catturato (e quindi salvato) «una quindicina di prigionieri» gli valse la medaglia d’argento al valor militare, ma anche la gratitudine dei soldati austriaci, uno dei quali gli donò la baionetta e un orologio da tasca che Salvatore portò con sé per tutta la vita. Insegnò senza soluzione di continuità alla scuola di via Comasina, alla «Giulio Romano», alla «Tito Speri» e infine alla «Leonardo da Vinci». Attivo in «Giustizia e Libertà» con lo pseudonimo di Socrate, Principato fu in contatto con Carlo Rosselli, con Rodolfo Morandi, e fu tra gli artefici nell’aprile 1931 della fuga di Giuseppe Faravelli in Svizzera, dopo l’arresto del professore belga Léo Moulin. Arrestato il 19 marzo 1933, fu deferito al Tribunale Speciale di Roma, nell’ambito di un’operazione di polizia molto vasta che coinvolse i rami milanese e genovese del movimento. Rilasciato dopo oltre tre mesi di carcere, fu reintegrato nell’insegnamento diurno alla «Leonardo da Vinci», ma gli fu impedito l’insegnamento alle scuole serali, per non essere iscritto al Partito Nazionale Fascista e all’Associazione Fascista della Scuola. Nell’ottobre 1942 fu con l’amico Roberto Veratti tra i fondatori del M.U.P., Movimento di Unità Proletaria, in una riunione clandestina in casa di Ivan Matteo Lombardo, e negli anni della guerra divenne uno dei punti di riferimento del P.S.I.U.P., Partito Socialista di Unità Proletaria. Fece parte della 33ª brigata Matteotti, del secondo e del terzo comitato antifascista di Porta Venezia e del Comitato di Liberazione Nazionale della Scuola. Tra i suoi più stretti collaboratori negli ultimi tempi furono Dario Barni ed Eraldo Soncini. A Milano, in via Cusani 10, con lo schermo di una piccola officina meccanica, la ditta F.I.A.M.M.A. (Fabbrica Insegne Arredi Mobili Metallo Affini), mascherava e gestiva lo smistamento di stampa socialista e antifascista. Qui, forse tradito dalla delazione di un giovane operaio, venne arrestato dalle S.S. l’8 luglio 1944. Imprigionato nel carcere di Monza, fu torturato dalla polizia nazi-fascista, che gli ruppe anche il braccio sinistro. Ai primi d’agosto fu trasferito nel carcere milanese di San Vittore, 6º raggio, cam. 8, dove fu rinchiuso con Eraldo Soncini e Renzo Del Riccio, fucilati con lui in Piazzale Loreto il 10 agosto. Salvatore era il più anziano dei Quindici martiri. Il 26 maggio 1945 il comune di Vimercate mutò il nome di via del Littorio in via Salvatore Principato; il 10 agosto 1946 con un discorso di Andrea Tacchinardi fu inaugurata la lapide commemorativa posta in viale Gran Sasso 5, dove Salvatore aveva abitato dal settembre 1924. Fu tra le prime lapidi collocate a Milano in memoria della Resistenza, realizzata grazie al concorso privato e spontaneo di amici, inquilini dello stabile, e cittadini della zona. Sulla lapide si legge: «Con animo invitto | in questa casa | il maestro | Salvatore Principato | medaglia d’argento al v. m. 1915-1918 | cospirò per la libertà e la giustizia | piombo nazifascista il 10-8-1944 | sul piazzale Loreto | abbatté il suo corpo, innalzò la sua fede». In quello stesso giorno la città natale di Piazza Armerina gli intestò il tratto urbano della strada provinciale n. 15 che corre parallelo alla via Giacomo Matteotti; il 25 aprile 1947 Ugo Guido Mondolfo inaugurò un busto in sua memoria, opera dello scultore Alfeo Bedeschi, nell’atrio della scuola elementare «Leonardo da Vinci» (Milano, piazza Leonardo da Vinci 2).
Autore della presentazione: Massimo Castoldi