Pubblichiamo – qui di seguito – il testo di un documento approvato, con la partecipazione attiva dell’Anpi, dal Consiglio direttivo dell’Associazione “Salviamo la Costituzione” sulla riforma costituzionale in discussione in Parlamento.
Ferve, in questo periodo – spiega Carlo Smuraglia – la discussione sulle proposte di riforma della Costituzione, sia quella
già in corso di trattazione, in Parlamento, sia quella preannunciata sotto forma di emendamenti, nella direzione del presidenzialismo (o semipresidenzialismo).
Su questo tema ci siamo già intrattenuti nel n. 38 (8-17 giugno) della News, pubblicando non solo una nota di commento, ma anche il documento approvato il 6 giugno dal Comitato nazionale, all’unanimità.
Poiché di questi progetti di “riforma” si discuterà ancora a lungo ed è bene che tutti siano informati e vigilanti, ritengo opportuno pubblicare – qui di seguito – il testo di un documento approvato, con la nostra partecipazione attiva, dal Consiglio direttivo dell’Associazione
“Salviamo la Costituzione” (che comprende, oltre l’ANPI, diverse altre Associazioni), il 19 giugno scorso.
Il documento è stato redatto anche sulla base di un ampio parere reso dal Comitato scientifico dell’Associazione, di cui fanno parte alcuni dei più importanti docenti e studiosi di diritto costituzionale. Interessano, quindi, oltre al dispositivo, che è chiarissimo su tutte le questioni in discussione e nella prospettiva futura, anche la motivazione su cui il documento si fonda. Ne avremo bisogno, perché la battaglia non sarà semplice né di breve durata; e l’ANPI deve fare tutto quanto occorre, insieme alle altre forze democratiche, perché non si verifichi lo stravolgimento del sistema e dei princìpi delineati dalla Carta Costituzionale.
Segnalo, anche a questo fine, che il documento non solo chiede che si proceda alla “messa in sicurezza” del sistema delineato dall’art. 138 della Costituzione (“Revisione della Costituzione”) rafforzando il quorum richiesto per le modifiche, ma chiede anche che sia sempre (o quasi sempre) ammessa la facoltà di chiedere la sottoposizione del progetto di revisione a referendum confermativo.
Tutta la nostra Associazione deve considerarsi fin d’ora mobilitata in difesa della Costituzione e contro ogni modifica non sottoposta ad ampia ed approfondita discussione e non contrassegnata dall’elevato quorum già richiesto (e di cui si chiede l’irrobustimento). Inutile sottolineare che anche la proposta, lanciata da qualche esponente della sinistra, di sottoporre le questioni in discussione e particolarmente la proposta di trasformazione del nostro sistema in quello di una Repubblica semipresidenziale, ad un “referendum costituzionale di indirizzo”, non può che incontrare la nostra più ferma contrarietà. Non si può immaginare di alterare il sistema (e particolarmente quello dell’art.
138) con soluzioni di tipo plebiscitario e populista.
Per concludere – ricorda Smuraglia – mi richiamo all’articolo di Stefano Rodotà, apparso su “Repubblica” del 20 giugno scorso, col titolo “Una fase costituente più democratica”, che sottolinea, con argomentazione molto serrata ed approfondita, la pericolosità di quanto si sta tentando di realizzare, con manipolazioni e stravolgimenti, espliciti o striscianti del nostro sistema costituzionale, la cui portata ed i cui valori siamo chiamati a difendere con ogni strumento e col necessario impegno.
Di seguito, il testo del documento dell’Associazione “Salviamo la Costituzione”, di cui l’ANPI fa parte.
L’Associazione “Salviamo la Costituzione” nella riunione del Consiglio direttivo del 19 giugno 2012, sentito il parere del Comitato Scientifico dell’associazione, ha approvato il seguente documento relativo alle proposte di modifica degli artt. 56, 57, 58, 70, 73, 74, 92, 94 e 126 nel testo unificato del d.d.l. cost. unificato nn. 24, 216, 894, 1086 ecc.
Sulla procedura seguita per la riforma costituzionale:
Il testo derivante dal noto accordo tra gli On. Alfano, Bersani e Casini consiste in una serie di d.d.l. costituzionali che, pur toccando aspetti centrali dell’impianto costituzionale, ha aperto un iter procedimentale che, in relazione all’importanza dei temi trattati, appare quanto meno
frettoloso e lascia intravedere storture procedimentali al limite dell’ammissibilità. Il che è particolarmente grave nel caso di una procedura di revisione costituzionale nella quale si richiede dalla Costituzione un adeguato tempo di esame dei singoli progetti.
Può anzi aggiungersi che, in molti ordinamenti, si prevede persino lo scioglimento delle assemblee che approvano in prima deliberazione le modifiche costituzionali, oltre a una doppia approvazione, a intervalli di tempo fissi tra la prima e la seconda, con maggioranze
qualificate e persino una successiva pronuncia popolare. In Italia, il procedimento di revisione della costituzione è disciplinato dall’art. 138 Cost. in connessione con la procedura prevista dagli artt. 71 e 72 Cost. per la legislazione ordinaria, ferma restando la maggiore solennità
della procedura di revisione costituzionale.
Si ritiene pertanto che, rispetto all’introduzione di modifiche della forma di governo e del bicameralismo, rivestano carattere prioritario e condizionante sia la riforma della legge elettorale vigente – allo scopo di salvaguardare l’eguaglianza delle chances nella competizione
politica ed il potere di scelta degli eletti da parte degli elettori – sia il completamento della disciplina legislativa dei partiti politici, attraverso la previsione di requisiti di democrazia nei processi decisionali interni.
Quanto alle proposte di revisione riguardanti i congegni della forma di governo, il Consiglio direttivo, pur apprezzando nel progetto in discussione il riferimento a congegni di razionalizzazione e di stabilizzazione del modello parlamentare contemplati dalla Legge
fondamentale della Repubblica federale di Germania, tuttavia rileva che tali congegni presuppongono un sistema elettorale e una regolamentazione dei partiti politici coerenti con il modello parlamentare sopra indicato.
Sulla disomogeneità delle materie sottoposte a revisione costituzionale:
All’indomani della bocciatura popolare della legge di riforma costituzionale d’iniziativa del governo Berlusconi uno dei rilievi più diffusi fu che da tale bocciatura veniva confermato, da un lato, l’impianto della Costituzione del 1947 e, dall’altro, l’indirizzo interpretativo secondo il
quale le leggi di revisione costituzionale disciplinate dall’art. 138 Cost. debbano avere contenuto omogeneo, non solo perché la pluralità delle modifiche rende più difficile l’approvazione del testo unitario, ma anche e soprattutto perché, se è vero che la libertà di scelta dell’elettore non può essere coercita da un referendum che abroghi una pluralità di disposizioni disomogenee, come più volte statuito dalla Corte costituzionale, a fortiori la libertà di scelta dell’elettore non può essere coercita quando gli si chiede di approvare una
legge di revisione costituzionale che modifichi materie disparate.
Di qui la conseguenza che la via maestra dovrebbe piuttosto essere la predisposizione di tanti progetti di legge costituzionali quante sono le materie incise dalla riforma. E ciò anche perché è immediatamente percepibile, nel d.d.l. cost. in esame, la già rilevata frettolosità con la
quale sono state approfondite talune tematiche, una per tutte quella del bicameralismo.
Sulla conferma della circoscrizione estero:
Molte perplessità suscita nel Consiglio direttivo l’intento di non sopprimere la c.d. “Circoscrizione Estero”, la cui breve esperienza ha già avuto occasione di dimostrare i propri deleteri effetti sul complessivo sistema rappresentativo. Sui disegni di legge d’iniziativa governativa:
La facoltà del Governo di chiedere per un proprio disegno di legge l’iscrizione, con priorità all’ordine del giorno, il voto bloccato entro un termine determinato e, decorso tale termine, l’approvazione articolo per articolo, senza emendamenti, priva il Parlamento di qualsiasi
potere d’influenza sulla formazione delle leggi.
La disposizione proposta è peggiorativa persino in confronto al regime restrittivo cui è soggetta, giusta la sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2012, la procedura di conversione del decreto legge. Questa, allo scadere dei sessanta giorni, può sfociare o in
rifiuto (esplicito o implicito) di conversione, oppure in una legge che contenga emendamenti “non eccentrici” rispetto alla disciplina contenuta nel decreto legge, mentre a qualsiasi disegno di legge indicato come prioritario dal Governo il Parlamento potrebbe opporre,
secondo la proposta di revisione costituzionale in esame, soltanto un rifiuto, senza poter modificare nulla.
Non può dunque spettare altro che al Parlamento il potere di valutare le priorità indicate dal Governo, e, pur accogliendole, di conformare la disciplina che ne dovrà scaturire. Il potere di emendamento è, da questo punto di vista, fondamentale espressione di una democrazia
parlamentare e quindi non può essere sospeso o derogato in funzione delle esigenze di sollecita attuazione del programma di governo.
Sul procedimento legislativo e sulle distinte funzioni delle due Camere:
Sul tema del procedimento legislativo, l’attribuzione al Senato dei disegni di legge «riguardanti prevalentemente le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117» vorrebbe “specializzare” il Senato su tutte le questioni di spettanza regionale in ordine alle quali lo Stato debba intervenire con legge di principio (competenza concorrente). Vista l’impraticabilità politica dell’ipotesi di trasformare il Senato in Camera di rappresentanza delle autonomie, si cerca insomma una sorta di surrogato, che però, a parte la palese incongruenza fra struttura dell’organo – con particolare riferimento alla confermata elezione popolare diretta dei suoi membri – e funzioni che gli si vorrebbero attribuire, presuppone che la definizione delle materie oggetto di competenza concorrente sia univoca, priva di problemi interpretativi e di possibili intrecci con le materie oggetto di competenza esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma, su cui legifererebbe la Camera salvo richiamo del Senato. Va tuttavia obiettato che la giurisprudenza costituzionale è da circa un decennio costretta a dipanare i frequentissimi intrecci fra i due elenchi materiali dell’art. 117 Cost. ai fini della definizione delle controversie costituzionali Stato-Regioni.
Parimenti criticabile è l’ulteriore previsione che l’assegnazione ad una delle due Camere, d’intesa tra i loro presidenti, dei disegni di legge avvenga “con decisione insindacabile”. Il che equivale a stabilire che la Corte costituzionale non potrebbe sindacare la decisione adottata al
riguardo dai presidenti delle Camere. Ciò rischia di porre un ancor più grave problema. Infatti, dal momento che, nella definizione dei giudizi di legittimità in via principale, la Corte costituzionale muove dall’individuazione della materia in contestazione, la Corte medesima si troverebbe ad una individuazione non operata né dalla Costituzione né dalla propria giurisprudenza. Se invece la Corte rifiutasse una siffatta lettura della norma, la Corte finirebbe per non dare alcun peso all’intesa fra i due Presidenti nonostante la sua proclamata “insindacabilità”.
Infine una revisione costituzionale che prevedesse una simile “specializzazione funzionale” del Senato darebbe l’impressione di aver voluto risolvere una volta per tutte il problema dell’identità della seconda Camera con un accorgimento in ogni senso modesto. E soprattutto
una siffatta revisione perpetuerebbe un tipo di riparto di potestà legislativa, come quello concorrente, su cui le stesse forze politiche che si accingono a votare la riforma in esame avevano maturato ben più ponderati progetti di riforma.
Sulla riduzione del ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica:
Desta molte perplessità il forte affievolimento del ruolo del Capo dello Stato nelle fasi di crisi. Il Consiglio direttivo ritiene invece fondamentale il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica quale strumento di salvaguardia degli equilibri istituzionali nelle fasi di grave crisi politica del sistema parlamentare di governo.
A maggior ragione il Consiglio direttivo manifesta contrarietà agli emendamenti Alfano ed altri che, nell’introdurre l’elezione a suffragio universale del Capo dello Stato e nel sottrarre a controfirma i più importanti atti presidenziali, determinano una radicale alterazione del
modello parlamentare delineato dalla Costituzione del 1947 all’interno del quale si colloca la posizione del Presidente della Repubblica.
Per tali motivi il Consiglio direttivo dell’Associazione Salviamo la Costituzione:
– esprime la sua ferma contrarietà alle proposte di modifica costituzionale sopra elencate;
– invita i gruppi parlamentari a non procedere all’approvazione del testo licenziato dalla I Commissione del Senato;
– esprime netta contrarietà a qualsiasi ipotesi di sistema presidenziale e semipresidenziale;
– ribadisce l’importanza centrale per il nostro ordinamento della procedura di revisione costituzionale nelle forme previste dall’articolo 138 Cost., di cui anzi auspica la messa in sicurezza, mediante l’elevazione a due terzi della maggioranza parlamentare richiesta per l’approvazione di modifiche costituzionali e a quattro quinti della maggioranza che preclude la facoltà di richiedere la sottoposizione del progetto di revisione a referendum confermativo, secondo quanto previsto nel ddl cost. n. 741 presentato in Senato dal Presidente Scalfaro e nel ddl cost. n. 868 presentato alla Camera dall’on. Bachelet;
– esprime, pertanto, netta contrarietà a qualsiasi forma di referendum costituzionale di indirizzo.
Roma, 19 giugno 2012