Dal 2005 si celebra, il 10 febbraio, il “Giorno del Ricordo in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale”. Tale ricorrenza, fortemente voluta da una lobby trasversale che va dalla destra più estrema fino ad alcuni settori di sinistra, si è evoluta, negli anni, non come una giornata di riflessione ed ampliamento della conoscenza di determinati eventi storici, ma è diventata un momento di riscrittura della storia, di diffusione di dati che non corrispondono a quanto effettivamente avvenuto al “confine orientale” e conseguente criminalizzazione del movimento partigiano, sia jugoslavo che italiano.
Dato che negli ultimi anni un gruppo di ricercatori storici, che potremmo definire “non omologati”, ha cercato di fare chiarezza sulle tante inesattezze, esagerazioni e, diciamolo pure, vere e proprie falsificazioni, rendendo pubblici documenti finora ignorati dalla storiografia “ufficiale”, abbiamo assistito ad un grottesco capovolgimento di quella che dovrebbe essere l’evoluzione della ricerca storica: queste persone, che per avere cercato, trovato ed analizzato quanti più documenti possibile per poter fare un’analisi seria e critica degli avvenimenti storici noti come “questione delle foibe e dell’esodo istriano”, invece di vedere riconosciuto questo loro impegno si trovano invece ad essere accusati di “negazionismo”, motivo per il quale si è tentato e si tenta tuttora di impedire loro di parlare in pubblici convegni.
Nel 2008 si è svolto a Sesto San Giovanni un convegno di studio sulla questione del confine orientale, nel corso del quale si è partiti dalla politica imperialista fascista nei confronti dei Balcani, del tentativo di assimilazione delle comunità etniche slovene e croate dei territori divenuti italiani dopo la Prima guerra mondiale, dell’occupazione della Jugoslavia e dei crimini di guerra commessi dall’Esercito italiano, della repressione nazifascista, ed alla fine anche della questione “delle foibe e dell’esodo” 1. In questo articolo vorrei riproporre parte del mio intervento in quella sede, dove cerco di spiegare l’evoluzione del concetto di “negazionismo delle foibe” di cui la sottoscritta ed altri sono accusati.